mercoledì 29 ottobre 2014

venerdì 3 ottobre 2014

A - B - C.... parte prima

A di Apprendere
B di Benessere
C di Competenza.

Insegnare in prima dovrebbe avere questi pilastri.
Da una cattiva gestione dei primi momenti di apprendimento infatti può dipendere il fallimento o il successo dei bambini a rischio di sviluppare un D.S.A..

Le buone prassi che aiutano un bambino che arriva in prima sono molte.
Si parte dalla lettoscrittura, per toccare le prassi relative alla gestione del tempo, per arrivare all'area matematica che può essere sinceramente bellissima se fatta con il giusto approccio.

Oggi voglio fare un cenno all'importanza di un buon avvio all'insegnamento della lettoscrittura in classe prima.
Inizialmente, per rendere omogenei i punti di partenza sarà utile un lavoro sui prerequisiti della lettoscrittura.

Successivamente l'approccio è ovviamente quello del metodo sillabico.
Esistono numerosi validi materiali che possono essere utilizzati in tal senso.  ed è utili ancorarsi ad essi per lavorare con metodo.
Bisogna ricordare però di non presentare insieme le sillabe piane e le sillabe inverse ma mantenere la giusta gradualità (bisillabe, trisillabe piane, parole con nesso biconsonantico, parole con sillabe piane)

Il dettato, in prima, è prima di tutto dettato di sillabe, poi dettato di parole, per rinforzare il consolidamento di quei mattoncini, le sillabe, che ci accompagneranno per tutta la vita.
Non c'è fretta di arrivare all'obiettivo finale, mentre fondamentale sarà arrivarci in modo da aver tutti ben compreso le basi.

Alcuni consigli per un buon approccio alla prima
potete trovarli qui:

 

Emiliani M. et al., Dislessia: proviamo con le sillabe. Il metodo S. L. B. (Semplifichiamo la lettura a tutti i bambini), Ed. Libri Liberi, Firenze, 2008. .

Imparare a leggere e scrivere con il metodo sillabico - Attività di avviamento alle sillabe CV
Beatrice Bertelli, Paola Rosa Belli, Maria Grazia Castagna, Paola Cremonesi 
 
Il libro dei dettati
Esercitare e verificare le abilità ortografiche, fonetiche e fonologiche
Graziella Tarter, Monja Tait

domenica 14 settembre 2014

Alla scuola dei sogni

Oggi è il primo giorno di scuola. 
E si ricomincia con le matite temperate nell'astuccio, con i libri foderati a nuovo, il profumo di carta, con le etichette appena incollate.
Si ricomincia con i buoni propositi.
"Quest'anno non chiacchiero più!" "Voglio scrivere bene!" 
"Voglio essere buono."

Si preparano i vestiti dal giorno prima e si va a letto con l'emozione.

Questa emozione deve rimanere.
Non deve cadere a terra negli anni, come un bicchiere infranto, di cui raccogliere i cocci senza potersi raccapezzare. 


La scuola dei sogni, non insegna, ma fa apprendere.
La scuola dei sogni non mortifica, ma guida con autorevole fermezza.
La scuola dei sogni, non umilia chi non sa,
Non sa dire "asino",
Non fa confronti.

Non innalza su un trono chi è dotato, ma tesse lodi di coloro che si impegnano
Dotati e non dotati.
Non getta a terra chi ha sbagliato, ma insegna la strada per sbagliare meno
A tutti.

La scuola dei sogni educa alla fratellanza
Perché è fraterna.

La scuola dei sogni cresce futuri uomini e future donne 
Perché è umana.

La scuola dei sogni educa ai valori e alla cooperazione,
Non spinge a competere.
Non fa gare di lettura, nè di tabelline.
Prende il ritmo del più lento.

Insegna al più lento ad andare, 
E al più veloce l'attesa.

La scuola dei sogni è un sogno.
Ma lasciamo che i sogni guidino la nostra veglia.


Realizzate una buona scuola. Con in mente il sogno.

Buon primo giorno.

sabato 12 luglio 2014

Nel nome della madre

Non è sempre facile destreggiarsi con una diagnosi in mano. Quando è il proprio figlio ad avere difficoltà scolastiche derivanti da un D.S.A. o da un disturbo del comportamento ci si trova a dover fare i conti con mille emozioni diverse. 
Non sempre capite dagli altri. Dagli altri genitori o, più frequentemente, dagli insegnanti che magari non capiscono i nostri atteggiamenti o i tipi di domande che poniamo loro.

Ma c'è qualcosa dietro. 

Qualcosa che solo un genitore può capire fino in fondo. 

Quei perché, magari quotidiani:
Perché sembra non capire, l'avremo detto mille volte? 
Perché sempre a litigare per stare seduti dieci minuti? 
Perché lo sbaglia ancora, è da settembre che glielo dico? 

Perché mio figlio? 
Perché noi?

I pensieri sul futuro:
Ma come farà da grande?
Non ci sarò sempre io a legargli le scarpe!
Non andrà all'università: Come farà ad andarci, odia la scuola!
Come farà a tenersi un lavoro, è così veloce nel cambiare interessi.

Non sarà un adulto adeguato!
...

La rabbia di certi momenti nel presente:

La rabbia per non poterlo lasciare giocare e godere del suo oggi da bambino a causa della necessità di maggior esercizio riabilitativo e potenziamento.
La rabbia di non vedere il nostro bimbo così brillante e spensierato in certi ambienti, sbocciare anche a scuola, dove a malapena si trova a "galleggiare".
La rabbia perché magari per fare questo esercizio maggiore col bimbo si deve litigare dato che non ne comprende il perché o comunque non ne ha voglia.
La rabbia di non vedere risultati, perché questi non si vedono nell'immediato.

La rabbia del sentirsi impotenti.

Poi ci sono gli altri.

A cui tutte queste cose spesso non le diciamo e che quindi leggono erroneamente alcuni nostri atteggiamenti. 
Magari dietro a una frase mal detta o a un appuntamento mancato con un insegnante c'è tutto un mondo di comunicazioni saltate. Di frustrazioni quotidiane, di preoccupazione sincera, di paura del giudizio.

E così si rischia di fomentare una chiusura ulteriore. Noi creiamo la nostra immagine mentale della nostra situazione mentre gli altri la loro immagine mentale della nostra situazione. 
E si crea una discrepanza che può solo aumentare nel tempo a meno di non intervenire con decisione e magari con un supporto esterno per riappianarla.

Ma il bambino è uno solo, con i mille colori della sua unica e irripetibile persona, e dobbiamo vedere lo stesso bimbo, che siamo noi genitori, operatori, maestri, animatori...

Convivere con , mediare per, educare un ... bambino con difficoltà scolastiche può essere (e spesso è) una sfida quotidiana. Meglio non aggiungere ulteriori tasselli a questo puzzle, e cercare invece di comporlo per sistemare con dedizione il meraviglioso affresco di una riuscita integrazione scolastica.





sabato 5 luglio 2014

Potenziare sotto l'ombrellone?

Prima di essere mamma di un bimbo in età scolare, avrei risposto ad occhi chiusi che SI' ASSOLUTAMENTE, il potenziamento nel tempo estivo è un'idea ottima. Ora, mi rendo conto meglio che, nelle agognate vacanze estive non è così facile convincere un bimbo, e ancor meno un bimbo con difficoltà, a fare qualcosa. 

Più ancora che in assenza di difficoltà o disturbi, però, l'estate è un tempo in cui senza lo stress quotidiano di compiti e lezioni diventa più semplice concentrarsi su strategie e approfondimenti. 

Il potenziamento estivo diventa quindi spesso una tappa obbligata o comunque fortemente consigliata per non iniziare l'anno con l'acqua alla gola. 
Per rimanere però in una emozione positiva anche durante questi momenti di apprendimento diventa fondamentale associarli a qualcosa di bello. 

Quello che propongo più spesso è, soprattutto quando il potenziamento ha bisogno di un rinforzo domiciliare frequente o quotidiano, di associare alla sessione di lavoro domestica la raccolta di un punto ( in puro stile Token economy). Ai primi 12 punti (che possono equivalere alle prime 2 sett di potenziamento) di solito associo una prima sessione di... Lavoro creativo. Non amo particolarmente le raccolte punti cehe esitano in un gioco materiale, spesso infatti mi trovo a lavorare con bimbi che ottengono tali generi di ricompense in vari modi e si rischia, in tal caso, di utilizzare un premio che finisce per essere consumi sta ed inflazionato. Per questo perde di valore.

L'obiettivo-lavoretto dei 12 punti deve essere ben chiaro al bimbo, che lo sceglie con mamma e valuta con lei di quali materiali abbisogneranno...

Io adoro questo genere di lavori perchè i bambini di solito li adorano e difficilmente ci si ritaglia un tempo per farli insieme e quindi sono un vero premio unico e speciale.
Inoltre lo stesso farli insieme diventa un momento di tempo privilegiato unico e speciale che è di per se una circostanza premiante.

Personalmente mi affido all'infallibile e chiarissimo sito di Art Attack, ma sono aperta a consigli su altre fonti per tutorial chiari e divertenti su attività di questo tipo.

http://www.disney.it/disney-junior/art-attack/attacchi-d-arte/


Buon potenziamento allora, e colla vinilica per tutti.  :-P

lunedì 30 giugno 2014

... ImparAmare...

"Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo? Se si mettessero insieme le lagrime versate nei cinque continenti per colpa dell'ortografia, si otterrebbe una cascata da sfruttare per la produzione dell'energia elettrica. Ma io trovo che sarebbe un'energia troppo costosa. (da Il libro degli errori- Gianni Rodari)

In questa frase si condensa tutto il pensiero che ho sull'apprendimento e sull'apprendere difficoltoso. 
No alle sonore sgridate e alle lacrime sui quaderni di italiano, sì a insegnare strategie, a inventare giochi di rinforzo, o a delegare quando non si riesce a essere tranquilli nel gestire il momento dei compiti.

Scrivere nella sabbia, quando il quaderno dà troppo fastidio,
colorare marciapiedi, scrivere cartoline e lettere appassionate d'amore,
contare perline, numerarle per due, per 3, per 4, 

imparare è un gioco bellissimo.




giovedì 5 giugno 2014

Un metro e tante misure.

Un voto è un modo di valutare.

E' possibile valutare un prodotto o un processo.

Quando valuto un prodotto, per fare un esempio neutro, un cibo, vado a valutare il gusto, l'equilibrio tra odori e sapori, la consistenza, il modo in cui mi dà emozioni mangiandolo.

Quando valuto un processo, valuto come quel cibo è stato fatto. Posso valutare, quindi, se gli ingredienti venivano da una filiera controllata, o se erano addirittura magari biologici o di derivazione industriale, oppure se il modo in cui è stato confezionato il piatto ha utilizzato determinate tecniche o meno.

Ancora potrei valutare tale processo nel tempo.

Lo stesso cuoco inizialmente usava prodotti scadenti, da discount, friggeva nell'olio di palma, e scuoceva la pasta. Poi è passato a cuocere meglio la pasta e a usare olio di semi di girasole.

Se valuto il piatto magari nel suo gusto  è ancora insoddisfacente, ma se valuto il processo devo premiare il percorso perché il nostro cuoco non perda la rotta, anche se la strada verso le stelle Michelin è ancora lunga.

Ci va del coraggio a premiare il processo. Bisogna essere intelligenti e vedere lungo. Ma in alcuni contesti, e tra questi TUTTI quelli in cui la finalità è educativa, è addirittura fondamentale.

Nel mondo dei bambini e quindi nella scuola e soprattutto nelle elementari è necessario premiare il processo. I bambini sono "in movimento" e la motivazione ad apprendere e a far meglio non può che muoversi in relazione a dove andrà la valutazione. Premiare il processo dovrebbe essere considerato di base come è di base avere un banco o una sedia, anzi più basilare ancora.
Premiare il processo è l'aria.
L'aria che ossigena il cuore della motivazione.

La valutazione resta un elemento fondamentale dell'apprendimento a scuola e se si decide di utilizzarla bisognerà sfruttarla per dirigere i comportamenti dei bambini e non per etichettare le pagine.

Ogni pagina andrà valutata in relazione alle altre. Non si può dare 5 perché ci sono 5 errori. Se gli errori prima erano 20 e ora sono solo più 5, ad esempio, bisogna aver coraggio, vedere lungo e scrivere un 8 corredato da un giudizio entusiastico "Bravo, ti sei proprio impegnato a rileggere: continua così!"

Solo in questo modo è lecito utilizzare i voti, e soprattutto i voti numerici con i bambini.

Anche se i voti numerici sono solo 10, non vanno utilizzati con uno standard sempre uguale, ma con un metro flessibile e centrato sui bambini.

Bisogna imparare e fare propria la teoria incrementale dell'intelligenza, per passare ai nostri bambini la sacrosanta convinzione che migliorare è sempre possibile, che ciò che ho fatto oggi è frutto del mio impegno, non di mie intrinseche qualità (perché se quelle qualità non le ho sarò fregato a vita), e che potrò fare ancora meglio in futuro.

I voti se ben utilizzati possono essere al servizio di questo.
Mal utilizzati invece minano alla radice il desiderio di far meglio.

Sia nei bimbi che fanno fatica, che in quelli che non ne fanno.
I secondi infatti, anche se premiati, si sentono premiati per qualcosa che possiedono in modo entitario, e al primo insuccesso penseranno di aver perso l'abilità. Sono forti, se vogliamo, di qualcosa di fragile che si può incrinare e rompere lasciandoli con nulla in mano.

Io dico o voti sull'impegno o nessun voto.
Il voto al piatto lo diamo a fine scuola alberghiera, ora dobbiamo tracciare il percorso

Un metro, tante misure.


domenica 9 marzo 2014

Riflessioni di metà anno scolastico.

Quando la scuola non è più scuola, diventa il luogo in cui si somministrano informazioni e insegnamenti.
Si fa un'operazione che potrei definir e di travaso. Io so la differenza tra CE e CHE e te la somministro, come uno sciroppo, o, più probabilmente, come una supposta.
Il bambino fortunato assume l'amaro licore e apprende.

Il bambino con disturbo dell'apprendimento, no. Avrebbe, semplicemente, bisogno di qualcuno che questo contenuto glielo insegnasse.

INSEGNARE è qualcosa di diverso dal TRAVASARE. Altrimenti potremmo andare in qualche specie di cantina sociale e farci imbottigliare e riempire di nozioni tutti quanti.

INSEGNARE è una missione.  INSEGNARE è difficilissimo. Personalmente io lo adoro e sono motivata a farlo. Conosco molte altre persone che lo sanno fare. Alcune sono mamme, alcuni sono professori in università (Ferdinando Rossi era uno di questi), altri sono altrove. Mio papà mi ha insegnato molte cose. La mia panettiera di fiducia talvolta mi dispensa un insegnamento, un pescivendolo che c'è a Imperia mi ha insegnato un sacco di cose. ALCUNE persone vocate a insegnare sono anche maestre. E sono maestre stupende. E le ringrazio. Perché il loro lavoro è fondamentale. Perché i nostri bambini sono nelle loro mani, e perché loro INSEGNANO.
Perché con loro CE e CHE, per esempio, prendono forma, e si inventano fiabe sulla H, la vecchia muta che sorregge CE.... e fanno disegni alla lavagna, ed esercizi ad hoc per apprendere. E poi controllano che non solo "il gruppo" ma anche "Pierino" stia apprendendendo e si preoccupano per lui se non lo fa, si inventano esercizi in più per lui, o vanno un briciolino più lente per dare a tutti un tempo per apprendere.

Grazie a queste maestre.

A chi non fa il mestiere DIFFICILISSIMO  di maestra (o maestro, scusate se sono di parte), ma fa solo il mestiere dell'imbottigliatore di nozioni, non posso dire grazie.

Le bottiglie umane non sono tutte uguali, e il gioco non funziona.

La responsabilità di quanto la bottiglia sia piena a fine anno é anche di chi ha provato a riempirla con costanza, creatività e amore.

Se non ci ha provato, e ha solo travasato, non ha a mio parere neanche il diritto, poi, di scrivere cose sulla pagella, di dire cose giudicanti relative agli allievi, di porre etichette sulle bottiglie.