sabato 12 luglio 2014

Nel nome della madre

Non è sempre facile destreggiarsi con una diagnosi in mano. Quando è il proprio figlio ad avere difficoltà scolastiche derivanti da un D.S.A. o da un disturbo del comportamento ci si trova a dover fare i conti con mille emozioni diverse. 
Non sempre capite dagli altri. Dagli altri genitori o, più frequentemente, dagli insegnanti che magari non capiscono i nostri atteggiamenti o i tipi di domande che poniamo loro.

Ma c'è qualcosa dietro. 

Qualcosa che solo un genitore può capire fino in fondo. 

Quei perché, magari quotidiani:
Perché sembra non capire, l'avremo detto mille volte? 
Perché sempre a litigare per stare seduti dieci minuti? 
Perché lo sbaglia ancora, è da settembre che glielo dico? 

Perché mio figlio? 
Perché noi?

I pensieri sul futuro:
Ma come farà da grande?
Non ci sarò sempre io a legargli le scarpe!
Non andrà all'università: Come farà ad andarci, odia la scuola!
Come farà a tenersi un lavoro, è così veloce nel cambiare interessi.

Non sarà un adulto adeguato!
...

La rabbia di certi momenti nel presente:

La rabbia per non poterlo lasciare giocare e godere del suo oggi da bambino a causa della necessità di maggior esercizio riabilitativo e potenziamento.
La rabbia di non vedere il nostro bimbo così brillante e spensierato in certi ambienti, sbocciare anche a scuola, dove a malapena si trova a "galleggiare".
La rabbia perché magari per fare questo esercizio maggiore col bimbo si deve litigare dato che non ne comprende il perché o comunque non ne ha voglia.
La rabbia di non vedere risultati, perché questi non si vedono nell'immediato.

La rabbia del sentirsi impotenti.

Poi ci sono gli altri.

A cui tutte queste cose spesso non le diciamo e che quindi leggono erroneamente alcuni nostri atteggiamenti. 
Magari dietro a una frase mal detta o a un appuntamento mancato con un insegnante c'è tutto un mondo di comunicazioni saltate. Di frustrazioni quotidiane, di preoccupazione sincera, di paura del giudizio.

E così si rischia di fomentare una chiusura ulteriore. Noi creiamo la nostra immagine mentale della nostra situazione mentre gli altri la loro immagine mentale della nostra situazione. 
E si crea una discrepanza che può solo aumentare nel tempo a meno di non intervenire con decisione e magari con un supporto esterno per riappianarla.

Ma il bambino è uno solo, con i mille colori della sua unica e irripetibile persona, e dobbiamo vedere lo stesso bimbo, che siamo noi genitori, operatori, maestri, animatori...

Convivere con , mediare per, educare un ... bambino con difficoltà scolastiche può essere (e spesso è) una sfida quotidiana. Meglio non aggiungere ulteriori tasselli a questo puzzle, e cercare invece di comporlo per sistemare con dedizione il meraviglioso affresco di una riuscita integrazione scolastica.





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